In un articolo pubblicato oggi sui quotidiani, il consigliere prende in esame la situazione odierna e lancia una sfida: “Se c’è una residua possibilità di unire il centrosinistra e il Pd si riparta dalla direzione regionale del dopo 4 marzo”
“Il Pd di Basilicata sembra sempre di più una nave alla deriva, che imbarca acqua da tutte le parti mentre chi dovrebbe manovrare il timone è in perenne attesa che qualche tribunale o non si sa bene quale altra entità risolva i problemi non affrontati dalla politica. Ma questo ovviamente non è possibile. E’ la politica a doversi rimettere in moto: per dare un futuro alla Basilicata, innanzitutto, e poi per permettere in questo quadro al Pd di offrire il suo contributo con un centrosinistra credibile e permeabile dalla società lucana”. E’ quanto afferma il consigliere regionale Piero Lacorazza in un articolo pubblicato oggi dai quotidiani locali.
“Se c’è una residua possibilità di unire il centrosinistra e il Pd – sottolinea Lacorazza – si riparta dalla direzione regionale del dopo 4 marzo, dall’accogliere e dare cittadinanza ad idee diverse svolgendo una funzione di ‘garanzia’ nella direzione politica del Pd. Da marzo non si convoca la direzione regionale, da giugno l’assemblea regionale. Se deciderò di non partecipare ai prossimi appuntamenti di partito non mi si dica che diserto perché fino ad oggi è chi guida il Pd ad aver disertato dinanzi alle richieste di una larga parte della comunità democratica”.
LACORAZZA: E ORA #BASILICATAPRIMA
“Il Pd di Basilicata sembra sempre di più una nave alla deriva, che imbarca acqua da tutte le parti mentre chi dovrebbe manovrare il timone è in perenne attesa che qualche tribunale o non si sa bene quale altra entità risolva i problemi non affrontati dalla politica. Ma questo ovviamente non è possibile. E’ la politica a doversi rimettere in moto: per dare un futuro alla Basilicata, innanzitutto, e poi per permettere in questo quadro al Pd di offrire il suo contributo con un centrosinistra credibile e permeabile dalla società lucana.
Non oggi, non dopo la vicenda giudiziaria sulla sanità ma già all’indomani del 4 marzo avevo ribadito che, nelle condizioni date, era inopportuna la ricandidatura in Consiglio regionale del segretario Mario Polese; non avrebbe potuto essere garante nella guida di un processo così complesso. Non oggi, non all’indomani della vicenda giudiziaria ma molto prima avevo chiesto di lavorare a costruire con Marcello Pittella un percorso che portasse ad individuare un candidato condiviso con tutto il centrosinistra, Leu compreso, alla Presidenza della Regione. Questa indicazione è stata votata dalla direzione regionale del Pd. Per questo mi pongo diversi interrogativi sulle motivazioni che successivamente hanno spinto alla convocazione dell’assemblea regionale del 25 giugno per dare il via libera al Pittella bis. Una scelta compiuta, se ne aveva la piena consapevolezza, in piena rottura con Leu, a colpi di maggioranza, con un discutibile processo “dal basso” e in pieno contrasto con le indicazioni votate dalla direzione del Pd. Avrei preferito, come proposi in direzione, la candidatura al Parlamento di Marcello Pittella, dichiarandomi in quel caso anche disponibile a correre in un collegio perdente. Ma la storia, si sa, non si ricostruisce con i se e con i ma. Aggiungo che nel frattempo la macchina per la formazione di più liste civiche era in movimento non solo per portare a bordo amministratori locali ma anche per occhieggiare a parti della politica lucana non attratte, uso un eufemismo, da un centrodestra che non appariva ancora competitivo. Un approccio chiaro: più liste civiche per evitare di governare il pluralismo interno e sostituzione a sinistra imbarcando parti di ceto politico utilizzando la fragilità del centrodestra.
Ovviamente nessun confronto programmatico, come richiesto. Eppure servirebbe una riflessione profonda, un ripensamento delle politiche dentro un contesto mutato e più competitivo, in cui la crisi demografica pesa come un macigno su diritti di cittadinanza e sviluppo. A titolo di esempio tra 10 anni 16 mila studenti e 1800 cattedre in meno nelle scuole di ogni ordine e grado. L’impatto di questa crisi demografica, che certo non riguarda solo noi ma tutte le aree interne del Paese soprattutto se collocate nel Mezzogiorno, rischia di minare ancora di più il diritto alla istruzione-formazione, alla cura e alla mobilità, rischia di non spezzare quel circuito vizioso tra arretramento e opportunità di lavoro. Non può esaurirsi in poche righe questa discussione ma intorno a ciò che c’è (ad esempio Matera 2019, l’auto ibrida FCA a Melfi, le risorse naturali, l’agricoltura) avevo provato a ragionare sulla ‘resistenza’ e sullo sviluppo utilizzando il binario di un piano decennale di una maggiore autonomia regionale e di uno straordinario investimento infrastrutturale. Su queste basi e a partire da ciò si possono raccogliere esperienze e nuove energie facendo incontrare la società e la politica lucana. Per queste ragioni mi sto spendendo nelle piazze virtuali e reali del Riscatto con l’iniziativa #BASILICATAPRIMA.
Tutto ciò poteva partire da un patto di fine legislatura che lo scorso anno avevamo proposto per favorire una ordinata chiusura della consiliatura, a partire dal bilancio.
Per non parlare delle forzature statutarie dei congressi provinciali e dei continui strappi determinati all’indomani di ogni consultazione democratica: dal referendum del 17 aprile 2016 passando per i congressi, i cui esiti venivano neutralizzati con le nomine in Giunta regionale prima di Roberto Cifarelli e poi di Carmine Castelgrande. Inutile poi tornare sulle scelte della rappresentanza parlamentare. Il 4 marzo per la prima volta nella storia del Pd lucano le urne ci hanno consegnato un risultato al di sotto della media nazionale; nel 2008 l’esperienza democratica era partita con sei punti in più rispetto alla media nazionale in un contesto nel quale non era stato irrilevante il peso di vicende giudiziarie.
I temi politici erano quindi già noti a tutti e potevano essere affrontati ben prima della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il Presidente Pittella, per il quale a luglio è stata respinta, anche con il mio voto contrario, la mozione di sfiducia presentata dalle minoranze consiliari. Una vicenda politica che inevitabilmente ha sofferto della vicenda giudiziaria, della quale alla lunga è rimasta ostaggio. Non mi voglio neanche interrogare su come abbiano nuociuto tutte queste scelte all’uomo e al politico Marcello Pittella, a cui tocca il sacrosanto diritto di difendersi dalle accuse in un contesto in cui, purtroppo, il peso mediatico corre il rischio di condannarti prima che il processo si svolga. Con altre responsabilità e in vicende altrettanto delicate ho espresso le mie posizioni sul ruolo della politica attraversata da inchieste e interessi economici molto rilevanti come quelli del petrolio o, non è la prima volta, con il mondo della sanità. Ogni volta, anche grazie all’esperienza maturata al fianco a Vincenzo Folino, non ci si è chiusi ma si è provato a trarne qualche insegnamento per rendere questa Regione impenetrabile a scorribande interessate ed utilizzare con mitezza il legittimo potere conferito dal voto democratico.
Capisco le difficoltà e il complicato contesto nel quale ci si muove ma l’ennesimo errore commesso è stato quello di sospendere ogni discussione, nell’attesa e nel rinvio anche di una scadenza elettorale, percepito più come ulteriore escamotage per meglio districare la materia dei destini personali che come scelta normativa. Se c’è una residua possibilità di unire il centrosinistra e il Pd si riparta quindi dalla direzione regionale del dopo 4 marzo, dall’accogliere e dare cittadinanza ad idee diverse svolgendo una funzione di ‘garanzia’ nella direzione politica del Pd.
Da marzo non si convoca la direzione regionale, da giugno l’assemblea regionale. Se deciderò di non partecipare ai prossimi appuntamenti di partito non mi si dica che diserto perché fino ad oggi è chi guida il Pd ad aver disertato dinanzi alle richieste di una larga parte della comunità democratica.
Se non si parte da queste riflessioni, passerà altro tempo provando a scaricare su altri la responsabilità di chi non vuole unire.
In questo lungo articolo ci sono le condizioni e i presupposti affinché, per ciò che mi riguarda, io possa partecipare ad una discussione: un progetto e un programma credibile per il futuro della Basilicata, un centrosinistra largo, unito ed aperto che sappia rinnovare politica e politiche. Come tanti, posso aver commesso errori, nessuno è perfetto. Ma ho sempre condotto battaglie a viso aperto, sui problemi della Basilicata e non sulle poltrone. Forse anche per questo la mancanza di una vera discussione oggi mi pesa tanto”.