Coronavirus. Il fiore del partigiano – di Piero Lacorazza

Gianni Lacorazza
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di Piero Lacorazza                                                                                         (da www.civiltaappennino.it)

#Coronavirus
Il fiore del partigiano

(immagine da http://www.isac.cnr.it/dinamica/projects/forecasts/chimbo/IT/)

“È stato rilevato un alto tasso di concentrazione di polveri sottili e da domani si circola con targhe alterne” oppure “stop alle auto, domenica a piedi”. Il bollettino di guerra dello smog nelle grandi città era spesso titolo di apertura dei tg.

Notizie che all’improvviso sembrano appartenere a un’altra epoca. Parole che oggi assumono un altro valore. Il virus attacca le vie respiratorie, quelle che per tanto tempo sono state aggredite dal tubo di scappamento di auto, indispensabile quasi come se fosse un ventilatore. Il tamponamento, ieri era uno scontro frequente in strade affollate da auto, oggi è diventato la prefazione e la postfazione del racconto di un isolamento.

Quanti morti produce la nostra aria? I decessi in Europa per biossido di azoto, ozono, per il particolato fine sono tra i 350 e 400mila in un anno. L’Italia è ben posizionata sul podio con circa 20 mila decessi prematuri.

Quanti morti mieterà il Coronavirus? Non sappiamo, la contabilità cresce di minuto in minuto. Alla fine purtroppo avremo numeri drammaticamente elevati. Certo, la velocità e la potenza del virus impongono di giocare la partita sul fattore tempo: limitare, diluire il picco, organizzare la più efficacia risposta sanitaria all’emergenza.

Ma per smog si muore di più, molto di più se consideriamo più anni. La differenza sta nel fatto che il tempo dilatato e la sbagliata convinzione del “non toccherà me” non fanno avvertire il carattere dell’emergenza.

Pensate se la battaglia al Coronavirus l’avessimo dovuta fare con la mobilità a targhe alterne, le domeniche con le isole pedonali e la percezione del pericolo da parte dei cittadini; le misure più frequenti che si adottano per curare l’aria che respiriamo.

Riflettiamo al contrario. E se i decreti e le ordinanze, di queste settimane, che limitano le libertà personali fossero fatti per ridurre l’inquinamento, per dare ossigeno alle nostre geografie?

È una provocazione. Ma non tanto.

Si pone un grande tema di equilibrio tra democrazia, ambiente e salute. In questi giorni, anche con qualche ragione, è stata sollevata la questione di un eventuale eccesso di potere che avrebbe esercitato il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. Si è ragionato su un Parlamento quasi svuotato del suo ruolo “formale”, anche perché quello sostanziale si è consumato da tempo ed in particolare con una legge elettorale che spezza il rapporto con il territorio ed obbliga a stare più verso il vertice che vicino alla base. Se si aggiunge l’uso eccessivo di decreti d’urgenza e il ricorso alla “fiducia” mi viene difficile pensare alla centralità del Parlamento. L’assetto formale e sostanziale della nostra Costituzione non è così distante dal ruolo delle geografie; i luoghi sono più o meno forti, maggiormente rappresentati in base al peso esercitato e quindi al potere distribuito. Un potere concentrato verso il vertice rende più marginali le periferie.

Il peso di questa grave emergenza non ha posto ostacoli per difendere la salute e in un mese è accaduto di tutto. Abbattuti come birilli gli interessi della grande industria, il business del calcio…

Con questa stessa forza e convinzione, in un tempo di pace e ovviamente con altre scelte, si può dare ossigeno a tante geografie. Anche perché un po’ di “libertà” che ci siamo presi per molto tempo hanno limitato quelle dei nostri figli, a proposito di clima e ambiente. E se davvero si vuole bene alla democrazia, la si deve amare non solo nel tempo del Coronavirus. Ma soprattutto conservarla per il tempo che vivranno altri. Per questo oltre l’emergenza, siamo chiamati ad essere il fiore del partigiano per dare ossigeno alla Costituzione e alle geografie. E “lassù in montagna” si può contribuire a dare valore e forza alle libertà nostre e di chi verrà dopo di noi.

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